giovedì 25 ottobre 2007

RIMBAUD e VERLAINE : UNA STAGIONE ALL'INFERNO

« Io dico che bisogna esser veggente, farsi veggente. Il Poeta si fa veggente attraverso un lungo, immenso, ragionato disordine di tutti i sensi. »

A. Rimbaud
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"Voglio essere poeta, e lavoro per rendermi veggente: Lei non comprenderà affatto, e io non sarei quasi in grado di spiegare. Si tratta di pervenire all’ignoto attraverso lo sregolamento di tutti i sensi. Enormi sono le sofferenze, ma bisogna essere forte, essere nato poeta, ed io mi sono riconosciuto poeta. Io non ne ho per niente colpa. È falso dire:Io penso. Si dovrebbe dire: Mi si pensa. Perdoni il gioco di parole.
IO è un altro."

( Lettera al Prof. Georges )


SENSAZIONE

Nelle azzurre sere d'estate,

io andrò per i sentieri,

punzecchiato dal grano,

a pestare l'erba minuta:

Sognatore, io ne sentirò la frescura ai piedi.

Io lascerò che il vento bagni il mio capo nudo.

Io non parlerò,

io non penserò a nulla:

ma l'amore infinito mi salirà nell'anima,

e io andrò lontano, molto lontano,

come uno zingaro, nella Natura, -

felice come se fossi con una donna.

A. Rimbaud (Marzo 1870)


Il "grande e radioso peccato" ha occhi tersi e lucenti e le sembianze del ragazzo sporco e bellissimo. "Puzzava di genio", racconta chi ha potuto sfiorarlo. Quando Arthur Rimbaud, impolverato e ricco solo del suo tumultuoso talento, sbarca a Parigi, non ha ancora compiuto diciassette anni, ed è già fuggito di casa tre volte. Viaggia senza bagaglio e in tasca ha soltanto, spiegazzata, la lettera di Verlaine: " Venite, cara grande anima, vi chiamiamo, vi aspettiamo." gli aveva scritto il poeta in risposta a una missiva in cui il giovanissimo Rimbaud, traboccante d'ammirazione, gli chiedeva un incontro.


E' una domenica di settembre del 1871. Comincia quel giorno il più crudele e il più feroce dei ménage, fatto di turpidini, estasi, ricatti, fughe, ritorni, minacce di suicidio, carezze date col coltello. E colpi di pistola: " Ci amiamo come tigri"spiegherà Verlaine.Il devastatore della quiete famigliare ha "la faccia di bambola" e uno sguardo azzurro e alto, di una purezza inquietante. I capelli sono incolti, arruffati, sporchissimi, le mani arrossate, i pantaloni color lavagna troppo corti per un adolescente cresciuto in fretta. Verlaine s'innamora all'istante di quel "volto perfettamente ovale di angelo in esilio" , scriverà, e di quelle "potenti labbra rosse con la loro smorfia malevola".


Rimbaud suscita eccitazione febbrile quando mette piede per la prima volta in un cenacolo della Rive Gauche: "Si è esibito un poeta terrificante, meno che diciottenne, di nome Arthur Rimbaud. Grandi mani, grandi piedi, una faccia veramente da bambino che starebbe bene a un tredicenne, profondi occhi azzurri, selvaggio più che timido". Uno dei poeti presenti lo definisce:" Gesù in mezzo ai dottori". Un altro:"il diavolo!". "A me venne in mente una descrizione migliore:Satana in mezzo ai dottori." annota stupefatto Valade. Ma satana in mezzo ai dottori per Verlaine è una splendida figura da adorare e fra i due la passione divampa immediata. Un tormento per il poeta sposato, una forma di martirio volontario, un' ascesi, una disciplina estetica per il poeta fanciullo che gli consentirà di scrivere i suoi capolavori mantenendo limpida la propria innocenza.


Il loro amore è percorso da brividi di sadismo. Rimbaud, man mano che passano i mesi, sembra compiacersi di fare del male a Verlaine, terrorizandolo ed esaltandolo insieme. A un tavolino del Cafè du Rat Mort lo colpisce alle mani con un coltello affilato facendolo sangiunare copiosamente davanti a tutti. Uno dei giochi erotici che praticano a casa è la lotta armata: si affrontano ognuno munito di coltello avvolto in un asciugamano e il loro abbraccio è una morsa che si scioglie tra graffi e tagli sanguinanti: "Ci amiamo come tigri", ripete orgoglioso Verlaine maculato di lividi e di escoriazioni. Vivono in completa simbiosi: in quel periodo le loro calligrafie sono identiche; se sovrapposte addirittura coincidono. Sembrano essere scritte dallo stesso pugno ferito.


Fra alti e bassi, abissi di disperazione e sempre più rari lampi d'estasi, la situazione precipita nel luglio 1873 a Bruxelles, con un Verlaine che minaccia di ammazzarsi. Ha comprato un revolver ed è in un albergo con Rimbaud e sua madre. Il giovane poeta è stanco del rapporto vittima-cernefice, di quel vagabondare, stanco dell'instabilità di quella relazione, vuole andarsene, vuole finirla lì. Con un gesto di sfida annuncia al compagno che nel pomeriggio intende tornare da solo a Parigi. " Provati a uscire e vedrai quel che succede, t'insegno io a voler partire", Verlaine tira fuori la rivoltella ed esplode tre colpi contro Rimbaud. Il primo gli penetra il polso gli altri due si conficcano nella parete. Vedendo il fanciullo ferito solo leggermente, Verlaine gli mette in mano la pistola implorando di ammazzarlo. Lo calmeranno, si calmeranno, ma qualche ora più tardi ricomincia la tragedia. Verlaine minaccia di nuovo di sparare a Rimbaud in mezzo alla strada. Ora "l'angelo in esilio" ha paura davvero e chiede aiuto a un poliziotto. La vicenda si concluderà con l'incarcerazione di Verlaine condannato a due anni e nove giorni di ospedale per Rimbaud.


Dichiarazione di Rimbaud al commissario di polizia: http://www.arthurrimbaud.it/docum.html


Genio sull'orlo del baratro, a vent'anni dice per sempre addio alla letteratura. Non gli interessa più. Dopo aver spinto la parola ai suoi limiti estremi, il più scandaloso dei poeti maledetti, lascia, abbandona, cambia mestiere. Incontra per l'ultima volta Verlaine, da poco uscito di prigione, due anni più tardi a Stoccarda. In quell'occasione gli consegna il manoscritto che poi diventerà le : Illuminazioni. Verlaine lo farà pubblicare undici anni dopo ma Rimbaud non lo verrà mai a sapere.


LA PREGHIERA DELLA SERA


Vivo seduto, come un angelo

fra le mani d'un barbiere,

impugnando una tazza di birra dalle grosse

scannellature, tesi il collo e l'ipogastro,

con una pipa Gambier tra i denti,

sotto i cieli gonfi d'impalpabili vele.

Come escrementi caldi d'un vecchio colombaio,

mille sogni fanno in me dolci ustioni:

e, tratto tratto, il mio cuore triste

è come un alburno insanguinato

dall'oro giallo e cupo delle scolature.

Poi, quando ho ringhiottito

i miei sogni con cura, mi volgo,

dopo aver bevuto trenta o quaranta tazze,

e mi raccolgo per dar sfogo all'acre bisogno.


Mite come il Signore del cedro e degli issopi,

io piscio verso i cieli bruni,

molto in alto e lontano,

col consenso dei grandi eliotropi.

A. Rimbaud


"POETI DALL'INFERNO" ( film 1995 ):

http://www.ire-land.it/totaleclipse/home.html



2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ho visto quel film...ci sono scene un pò crude però è molto ben fatto...interessante lettura. baci

Sara Scialdoni ha detto...

Già davvero un bel film è piaciuto molto anche a me. I passi che ho riportato sono del libro di Laura Laurenzi: "Liberi d'amare". Ti consiglio di leggerlo, puoi trovare altre appassionanti storie di amori omosessuali come questa.
Ciao
Sara