martedì 22 aprile 2008

Ci sarebbero parole in conto aperto ( a Gabriele )

A parte il mondo
c’è sempre quel filo obliquo di cielo
che ci misura le distanze
- da sinistra verso destra- .
Poco più di un altro vuoto comodo
dove riscriverti - da oggi in sempre- .
E a dirla tutta
il corpo mi si è fatto cera
per ogni migrare da te
sotto questo sole rapido d’intenti
che ci metterà appena un niente a consumare.
A parte il mondo – dicevo –
ci sarebbero parole in conto aperto
e le mie mani di clessidra
che perdono il tempo ovunque
tra inchiostro e incoincidenze di verbi:
- Io che vado. Tu che torni – .
Eppure aspetto.
La rimessa in scena di un abbraccio
all'ultima partenza. Semmai.
Che sembra mi resti sola di troppe attese.
A parte tutto.
A parte te.

martedì 15 aprile 2008

JENNY E' PAZZA ( Vasco Rossi )


Jenny non vuol più parlare
non vuol più giocare
vorrebbe soltanto dormire
Jenny non vuol più capire
sbadiglia soltanto
non vuol più nemmeno mangiare
Jenny è stanca
Jenny vuole dormire
Jenny è stanca
Jenny vuole dormire
Jenny ha lasciato la gente a guardarsi stupita
a cercar di capir cosa
Jenny non sente più niente
non sente le voci che il vento le porta
Jenny è stanca
Jenny vuole dormire
Jenny è stanca
Jenny vuole dormire
Io che l'ho vista
piangere di gioia e ridere
che più di lei la vita
credo mai nessuno amò
io non vi credo lasciatela stare
voi non potete
Jenny non può più restare
portatela via
rovina il morale alla gente
Jenny sta bene è lontano...
la curano forse potrà anche guarire un giorno
Jenny è pazza
c'è chi dice anche questo
Jenny è pazza
c'è chi dice anche questo
Jenny ha pagato per tutti
ha pagato per noi che restiamo a guardarla ora
Jenny è soltanto un ricordo
qualcosa di amaro da spingere giù in fondo
Jenny è stanca
Jenny vuole dormire
Jenny è stanca
Jenny vuole dormire
Jenny è stanca
Jenny vuole dormire

PINOCCHIO ERA UN BAMBINO IN CARNE E LEGNA


Se mi tenessi in piedi
senza fili
sarebbe già qualcosa.
Uno di qua. Uno di là.
Che a saper contare
- addirittura –
ve ne direi giusto quanti.
Eppure io mi farei vivo
anche subito
per sbucciare le ginocchia
su qualunque mezzo prato che trovo.
Ché questo peso sulle ossa
è legna cucita male addosso
e non si fa mica per dire
che la darei in pasto al fuoco.
Poi. E' da vedere
se sia pazzia
a sperarmi qualche livido
o un grande sorriso di carne
che tiri fuori tutto il cuore mio.
Magari perfino vendersi la carcassa
ai primi impostori che incrocio
per un buon sorso di fiato.
Sarebbe una fortuna.
E ancora mi sfugge perché
si faccia sempre più lunga la punta al naso
di chissà quanti palmi
- parola dopo parola -.
Ma questo – ve lo giuro –
è l’unico piccolo vizio.
Che non perdo proprio mai.

lunedì 14 aprile 2008

SULLE ROTAIE I TRENI SI SCAMBIAVANO SALUTI




Me ne stavo coi miei colori nuovi
alla stazione.
Ed era un gran chiasso di partenze.
Che ricordi.
Sulle rotaie i treni si scambiavano saluti
coi fazzoletti bianchi
soffiando dal naso
le malinconie di chiunque.
Quelle di sempre.
Ma non c’era altro posto che tenesse
per me e i miei giocattoli
- mai finiti in mano altrui - .
Se non fosse che a un punto
tutto intorno ritirò le misure
- quasi aderenti alle ossa- .
E mi fischiava la locomotiva
come un imperativo senza rimedio.
La panchina anche mancava
sotto il peso.
E i colori.
Persi in un infinito momento di blu .
Nessuno trovò scuse.
Nessuno le cercò.
Presi un viaggio per “lontano da lì”
mentre il sole si faceva lucciola in atmosfera.
Ed io arricciavo capelli
- ciocca a ciocca - .
Con le dita.
Ancora dipinte di miele.


domenica 13 aprile 2008

A QUATTRO MANI

Ho incontrato uomini da brivido.
Tutti con cuori da poco
e tante favole da svendere.
Tutti a donarmi fiori di plastica
appassiti poi
nella noia d'amori ridicoli.
Così ho permesso loro di tornare
da dove se ne vennero
- uno ad uno -
incapaci d'andare oltre.
Ora pianto sola semi
nella serra buona.
Sempre sperando nascano frutti.
Nella grazia di Dio
o di chi un giorno mi sarà d'aiuto.
A quattro mani.
SARA

PATRIZIA VALDUGA


Ma l'estasi, ma l'io senza più io?
Da cinquant'anni ormai
io chiedo ai cieli un cuore
perpendicolare al mio
e mi arrivano tutti paralleli.

sabato 12 aprile 2008

TUTTE LE GALLINE FANNO BRODO VECCHIO


Me ne guardo molto bene
dal frequentare la monotonia
di alcuni luoghi.
Così distanti da dove mi abito.
E ce ne sono lì
di manichini in pompa magna
con lo sguardo lungo di rimmel
labbra smaltate a rosso vivo
- come se lo starnazzare d'amore
uscisse meglio da becchi vuoti e curati-.
E zimbelli. Quanti ne vuoi.
A darsi un tiro gonfiando petti
di Narciso pronto alla presa
della prima che si venda in riverenza
- languidamente inerme a dondolare occhi
per due parole di troppo poco-.
Non sparlerei del loro accoppiarsi ridicolo
se non sopportassi la finzione
di certe specie in netto aumento. Io.
Che mi sento tutta di altri tempi.
E che ai polli tiro sempre il collo.
Per bene.
E poi.
Mi ci scappa pure da ridere sopra.

NON SE NE VEDONO PIU' CONIGLI USCIRE DAI CILINDRI



Non strizzo mai l’occhio alle nuvole
nemmeno per cortesia
come fanno certi passanti
con le signorine in gonna stretta.
Io mi giro la testa
e maledico ogni goccia caduta
sui miei vetri sudici di noia.
E non c’è scampo
a questa malattia di scrivere
che mi ha preso le misure al tempo
- probabilmente
quello buono di idee - .
Se la luna abbozzasse l’autoritratto
su un mare qualunque
direbbe che è solo vizio
il suo riflettersi a tuttotondo.
Solo un vizio inutile.
Tanto per ingannare l’attesa
ai soliti pettegolezzi dell’alba.
Che non se ne vedono più
conigli uscire dai cilindri.
Fosse anche per distrazione.
Fosse anche.
- L' Illusione - .

venerdì 11 aprile 2008

OGNI LACRIMA D'AMORE HA IL VERSO MANCINO ( dedicata )


All’occorrenza
ho sempre quella foto gialla
di più di vent’anni
sotto il cuscino
che si stava a sorriderci
il principio della vita. Mia con te.
Ed eri bella.
Ed era vento l’onda tra i capelli
un vestito d’estate
a farti la ruota intorno le gambe
e mani annodate a una collana
appassita sull’estremità dei seni.
Ricordi?
- ti ricordi vero?-.
E sere – le sai -
a scandire piano il senso
dei miei passi in fallo
le finte manovre del destino
che non ho previsto.
E ci hanno sorprese.
Un po’ al buio.
Un po’ vicine di carezze
sulla mia corteccia d’anima malata
- dove dentro gli anelli
segnano la geografia dell’esistere - .
E adesso, tu che taci.
Censuri il pianto
con una smorfia buffa
dello sguardo.
Io, che sono solo queste parole
- una manciata in versi
dal mio ventre caldo -
e il vuoto che ti lascio.
All’occorrenza.
Guarda.
Ogni mia lacrima d’amore
ha il verso mancino.
- E questo lo sapevi?
Lo sapevi?
Mamma. -

TUTTO ESAURITO ALLA MIA MENSA.STANOTTE



Non c'è un altro posto
alla mia mensa.
E me ne scuso.
Avanzano cocci e vetri nuovi
su quel vuoto pensile. Lassù.
Ma non posso farci nulla
se la fame é a senso orario
e mi accomodo da sola
a finire l'ennesima portata di scarti
- che per poco non si strozza
l'incipit allo stomaco- .
Capita ora passi l'anteprima
di una scena d'addio
- in bianco e nero-.
O forse replica che già so.
Mi lecco dita. Una ad una.
Undici stavolta.
L'ultima è di chi mi puntò contro
sillabe obese d'ira. Delirando.
E se ne andò.

Ho il tutto esaurito alla mia mensa.
Stanotte.

Nessun posto qui
per quelli che non masticano.
Silenzi.