lunedì 26 novembre 2007

COLTA IN FLAGRANZA DI REATO


Lo sguardo si posa al di là del parco che costeggia la strada di fronte.Slitta tra gli alberi, le case, s’insinua nei vicoli stretti, attraversa gli odori dei cesti di frutta sui banchi del mercato. Scova il peccato. E cade.Cade sul verde di un portone al civico ventidue. S’incolla. Ci si strofina come una gatta affamata che elemosina gli avanzi della sua vita perduta. Poi sprofonda.Senza alcuna voglia lascia che una sigaretta s’incolli al labbro inferiore mentre a tratti gli occhi vanno nascondendosi dietro il buio delle palpebre. Come se certi particolari potesse scorgerli più evidenti se sottratti alla luce del giorno.




Lei sale le scale. Un movimento ripetuto quasi tutti i giorni, per anni.Non si volta mai, anche se dovrebbe farlo, Elisa. Dovrebbe almeno per cancellare le tracce di quel reato consumato alle spalle dell’altra sua esistenza.Ogni passo in avanti, lei lo sa, è un po’ di sé abbandonata in quella penombra che le sfalsa l’armonia del vivere e che a volte, pensa, vorrebbe si trasformasse nella colpa di qualcun altro.


Per un attimo lui riapre gli occhi. Ma solo per un attimo, quasi a riprendere fiato e non perdersi la breve sequenza di quella vita che sente ancora appartenergli tra le pareti da dove Elisa è fuggita via.Poi, di nuovo, il buio gli investe la vista per continuare a vedere…





E’ dietro la porta ormai. L’uomo può addirittura scorgerne l’odore. Sa che esiterà ancora prima di bussare. Si sta passando freneticamente la mano tra i capelli, permette ad un bottone di liberarle il bel seno adesso. E’ un rito che lui conosce bene, di cui ha compreso il senso tanti anni fa. E’ una fibra della sua pelle che si apre totalmente alla possibilità di respirare ciò che di più puro e corrotto ci sia nel suo angolo di mondo.Non può più attendere l’uomo dietro la porta. Anche i minuti sono essenziali quando vengono rubati al tempo che non è complice di certi inganni.Là dietro c’è un corpo a cui non rinuncerebbe mai e che è il profilo esatto di tutto l’amore che si è lasciato scivolare tra le dita troppo spesso, pensa.




Lui ha ancora gli occhi chiusi. Il sapore della sigaretta si mischia all’amarezza che gli sta scivolando nella gola come un veleno in grado di paralizzargli i muscoli. Crede che se proverà a muoversi andrà in frantumi proprio come parte della vita che non è riuscito a salvare.Una volta comprò per Elisa un abito da sera in occasione di una cena di lavoro organizzata dalla sua banca. Andava fiero di quella bellezza incontaminata e del tutto inconsapevole della moglie. Ogni cosa di lei gli ricordava l’ingenuità di una bambina, dal modo di pettinarsi a quello con cui facevano l’amore. E quel vestito che le confinava alla perfezione il corpo era per lui la certezza che quella donna era sua, che la conosceva bene, sotto la carne e fin dove lui era potuto arrivare a toccarla.Lei puntò gli occhi nei suoi attraverso lo specchio e disse: “Mi sembra di averti addosso”. Sorrise.Lui ha ancora lo sguardo immerso nel buio, caduto sul verde di un portone al civico ventidue.




L’uomo e la donna si abbracciano, ma non per molto. Hanno fretta di lacerarsi le carni, mordersi, leccarsi, graffiarsi, stremarsi, afferrare le ore in cui sono stati lontani. Lasciarsi.Le bocche s'impastano e danzano l’una sull’altra al ritmo caldo dei baci. Nessun particolare dei loro incontri è mai scontato. Tutto è ripetitivo e sempre allo stesso modo importante. La dolcezza con cui l’uomo le accarezza il viso, la voglia improvvisa che lo attanaglia e gli spezza il fiato quando lei lascia cadere il vestito per terra e i sessi cominciano a cercarsi. Lui ama distenderla sul letto e ascoltarne il respiro calmo per accenderlo facendosi strada tra quelle gambe da dove si libera il desiderio. Elisa è una donna che vuole essere consumata piano ma con l’impazienza della bambina davanti a un regalo che non può aspettare di essere scartato domani.E anche questo l’uomo lo sa. Anche questo lo ha imparato infilandosi in qualche piega della sua anima mentre facevano l’amore, quando lei sembrava distante e lui la riportava a sé con la prepotenza del corpo fino a farla diventare piccola. Tanto piccola da sentirla rannicchiarsi tra le sue braccia, indifesa.




Ma come fa a sopportare tutto questo? Come fa?Se lo domanda ogni giorno lui. Anche adesso che ripassa a memoria le scene di quell’amore che non riesce a contrastare con il suo. Eppure un tempo credeva che ad Elisa il loro matrimonio bastasse. Era convinto che tutto il mondo fosse lì, e che per lei non esistessero altri sapori da cercare fuori dalle pareti di casa. Ma ora c’era quell’uomo sulla soglia delle loro vite, anzi, ci abitava dentro, tra le lenzuola, la cucina, i pranzi, le cene, sugli scaffali, dietro i mobili. Era ovunque perché lei lo aveva fatto entrare senza nemmeno chiedergli il permesso. Era ovunque perché aveva trovato una crepa tra i loro corpi perfettamente disarmonici. E adesso c’era da chiedersi chissà da quanto. Forse era accaduto in un momento in cui lui si era distratto e come succede in questi casi ci si pente sempre di essersi voltati per quel breve istante, quell’unico istante in cui saresti dovuto esserci, e non c’eri. Ma è tardi ormai.“ Scendo a portare la macchina dal meccanico”. Oggi la scusa è questa.Chissà se l’uomo al di là del parco la ama, si domanda. E accenna un sorriso triste di chi ha appena scoperto di non avere sogni.




Elisa respira a fatica sotto il peso dell’uomo che sta per morire di piacere stretto nella morsa delle sue gambe. Lo fissa, lo sfida, perché in quel corpo c’è tutta la speranza di un domani che non sa ancora contenere. Poi il duello ha termine, i respiri si calmano di nuovo. L’uomo le scivola affianco avvolgendola con il braccio come fa di solito. L’accarezza ripetutamente lungo i fianchi, sulla schiena liscia e madida, vuole assicurarsi che lei sia lì, che non sia altrove come a volte ha la sensazione che accada. Ma lei c’è. E’ rimasta anche per quell’uomo solo nella camera da letto di casa sua che sente seguirla col pensiero mentre s’abbandona sul petto di un altro. E per un attimo, forse per la prima volta, ne ha quasi vergogna.Si stringe più forte che può contro il corpo di lui, si contorce, lo annusa, struscia il viso sulla pelle ruvida del suo. Sta cercando qualcosa Elisa, qualcosa che non sa spiegarsi nemmeno lei. Forse un punto dove sentirsi al sicuro da tutto, una fessura nascosta sul corpo dell’uomo a cui aggrapparsi per sentirsi libera.“Io ti amo” le sussurra scostando una ciocca dei capelli dalla guancia.E lei adesso è più perduta che mai.




Lui poggia la fronte sul vetro freddo della finestra come volesse riprendere coscienza di sè. Lo sguardo abbandona il civico ventidue, ripercorre il mercato, attraversa gli odori dei cesti di frutta, passeggia tra gli alberi del parco che costeggia la strada di fronte e precipita nuovamente nella camera da letto, sua e di Elisa. Guarda l’orologio.L’uomo sta per rivestirsi e anche lei lo sta facendo con l’ansia di chi deve occultare gli indizi di un delitto.Lui non è più lì a guardarli, non li sta spiando da dietro la vetrina della loro intimità appartato nel buio, ma continua a scorgere ogni dettaglio col pensiero.Dovrebbe dirle che sa. Pensa da giorni che dovrebbe dire che sa. In fondo perché tacere. Tacere è un po’ come tradire Elisa a sua volta e lui non vuole un’ intera vita costruita sul tradimento.“So che vai da un altro uomo” le avrebbe detto, forse urlato, questo non lo sapeva. “Lo so e basta. Non ti ho mai seguita, non vi ho mai visti insieme. Ma quante volte me lo hai confessato, cara Elisa. Quante volte. Mentre lavavi i piatti, ti sistemavi i capelli prima di uscire, quando mi sorridevi e non sorridevi per me, in quei silenzi scesi fitti come pioggia a renderci sempre più estranei, in un rossetto che non ho mai visto, sulla pieghe di un vestito che non indossi più, in una tazzina del caffè. Era sulla punta della tua lingua ogni mattina Elisa, piccola Elisa, e lo ingoiavi come una pillola dal gusto amaro ogni sera quando mi davi la buonanotte. Io lo so, lo so e basta.”




Una donna è appena uscita da un portone verde. Cammina a passo svelto per i vicoli, il mercato, il parco. Sta per tirare fuori dalla borsa un mazzo di chiavi. Sale le scale. Un gesto ripetuto ogni giorno, per anni. E’ dietro la porta ormai. L’uomo può addirittura scorgerne l’odore. Sa che esiterà ancora prima di entrare. Si sta passando freneticamente la mano in mezzo ai capelli, permette ad un bottone di fasciarle il bel seno adesso. E’ un rito che lui conosce bene, di cui ha compreso il senso anni fa. E’ una fibra della sua pelle che si chiude totalmente alla possibilità di respirare quanto di più puro ci sia nel suo angolo di mondo, che si prepara all’inevitabile.Non ha fretta l’uomo dietro la porta. Abbozza un sorriso triste di chi ha appena perduto il suo ultimo sogno. Tra poco la donna entrerà e allora non ci sarà più nulla da dire.

SARA

venerdì 23 novembre 2007

Dire è bene, specificare è meglio...

Ho descritto Sara, nel mio libro, come una delle eteree Sirene di Klimt, ma lei è anche un po' gatta, è tutto e il contrario di tutto...
Per ora la vedo così...
Insomma, non mi sembra una pura narcisista una ragazza capace di inquadrare con poche parole la parte più intima degli altri. Una vera egocentrica non vedrebbe se stessa con tanta lucidità, ma solo un'immagine che le conviene!
Quindi Sara, le parole che ho detto non ti dipingono quanto invece farebbero gli occhi di chi ti sa vedere in tutto quello che sei...

Un bacione,
Jacopo
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Caro Jacopo, apprezzo davvero quanto scrivi, ma sul fattore "narcisismo" credi a me ne so fin troppo. Se comunque riesco ad analizzare con poco e in poco tempo le personalità altrui ( anche sbagliando, sicuramente ), è vero, è anche perchè posseggo la capacità di analizzarmi profondamente visto il lungo e tortuoso percorso fatto a braccetto con me stessa. Diciamo che sono: "una Narcisa con la vista a raggi X".
Ti voglio bene.
SARA*
* P.S. : stai notando il modo di firmarmi??? e poi di che questo non è narcisismo!!
Mannaggia.

mercoledì 21 novembre 2007

A PROPOSITO DI SARA

Sara mi ha proposto di intervenire nel suo blog..
Non credo che il mio editore sarebbe favorevole ad un post che mostra i miei scritti inediti (oddio come suona fica questa frase!), ma posso dirvi cosa percepisco di Sara...
Lei è una creatura polimorfa, misteriosa, introspettiva, narcisista, egocentrica, genuina, impulsiva, passionale, ammaliatrice, volitiva... Insomma, è complicata 'sta donna!!!

Vi terrò aggiornati!

Baci, Jacopo..
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Meglio che ne sorrida, per quanto difficile:
...e ci sarebbe molto di più da dire...tutto ciò che è riportato in questo link è troppo generico, ogni caso è ricco di sfumature.
Posso solo confermare che alla domanda che più spesso mi hanno rivolto, ho risposto: "tradire me stessa".
La domanda in questione era: "cos'è che temi di più in assoluto?".
Grazie Jacopo.
SARA

lunedì 19 novembre 2007

IL LUPO DELLA STEPPA ( H. HESSE)

"SOLO PER PAZZI"

SCHIZOFRENIA, DOLOROSA GENIALITA’:
[...]" E quando in certe anime particolarmente intelligenti e delicatamente organizzate balena l'intuizione della loro molteplicità, quando, come fa ogni genio, esse infrangono l'illusione dell'unità personale e sentono di essere pluriformi, di essere un fascio di molti IO, basta che lo dicano e tosto la maggioranza le imprigiona, ricorre all'aiuto della scienza, fa constatare la loro schizofrenia, e protegge l'umanità perchè non debba ascoltare dalle labbra di questi infelici un richiamo alla verità. Ma che bisogno c'è di sprecar parole, di dire cose che chiunque pensi trova naturali, che però non sta bene manifestare?
Quando dunque un uomo arriva già a sdoppiare la pretesa unità dell'io è già quasi un genio, in ogni caso però un'eccezione rara e interessante."
[...] "Egli crede, come Faust di Goethe, che due anime siano troppe per un solo petto e pensa che lo debbano dilaniare. Sono invece troppo poche e Harry fa violenza alla sua povera anima quando cerca di comprenderla in un'immagine così primitiva. Benchè sia persona così colta, Harry si comporta come un selvaggio che non sappia contare più in là di due. Una parte di sè la chiama uomo, l'altra parte lupo, e con ciò crede di aver finito e di aver esaurito il suo compito. Nell'"uomo" egli caccia tutto quello che ha in sè di spirituale, di sublimato o per lo meno di culturale, e nel "lupo" tutto ciò che ha di istintivo, di selvatico e di caotico. Ma la vita non è semplice come il nostro pensiero, grossolana come il nostro povero linguaggio di idioti, e Harry mente due volte a stesso quando usa questo metodo lupino da negri. Il petto, un corpo è infatti sempre uno, le anime che vi albergano non sono due o cinque, ma infinite; l'uomo è una cipolla formata di cento bucce, un tessuto di cento fili".
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«Come ogni forza può (in certe circostanze deve) diventare una debolezza, così viceversa il suicida tipico può fare della sua debolezza apparente molte volte una forza e un sostegno, anzi lo fa molto spesso. Uno di questi casi era quello di Harry, il lupo della della steppa. Come migliaia di suoi pari egli faceva dell'idea che la via della morte gli era sempre aperta davanti a sé non solo un giuoco di fantasia giovanile e malinconico, ma precisamente un conforto e un appoggio. È vero che, come in tutti gli uomini di questo genere, ogni commozione, ogni dolore, ogni penosa situazione della vita suscitava in lui il desiderio di sottrarvisi con la morte. Ma a poco a poco questa inclinazione gli si tramutò in filosofia favorevole alla vita. L'assiduo pensiero che quell'uscita di soccorso era continuamente aperta gli dava forza, lo rendeva curioso di assaporare dolori e malanni, e quando stava proprio male gli capitava di pensare con gioia rabbiosa, come si trattasse di un male altrui: "Sono curioso di vedere fin dove arriva la sopportazione umana! Una volta raggiunto il limite del tollerabile mi basta aprire la porta e sono salvo".»

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"… Il lupo della steppa aveva quindi due nature, una umana e una da lupo: era questo il suo destino e può darsi che non fosse poi così strano e inconsueto. Si vedevano in giro molte persone che in sè avevano molto del cane o della volpe, del pesce o del serpente, e non per questo incontravano gravi difficoltà. In queste persone l’uomo conviveva con la volpe, con il pesce, e nessuno dei due faceva male all’altro, anzi si aiutavano. Invece per Harry era diverso, in lui l’uomo ed il lupo non convivevano fianco a fianco ne tantomeno si aiutavano: si odiavano a morte continuamente, l’uno viveva per far del male all’altro, e quando due vivono come nemici mortali in un corpo e in un’anima, la vita è difficile.
Esistono non pochi uomini simili a Harry; specialmente molti artisti appartengono a questa categoria. Costoro hanno in sé due anime, due nature, hanno un lato divino e uno diabolico, il sangue materno e il sangue paterno, e le loro capacità di godere e di soffrire sono così intrecciate, così ostili e confuse tra loro come in Harry il lupo e l’uomo. E questi uomini la cui vita è molto irrequieta hanno talvolta nei rari momenti di felicità sentimenti così profondi e indicibilmente belli, la schiuma momentanea della bellezza spruzza così alta e abbagliante sopra il mare del loro dolore, che quel breve baleno di felicità s’irradia anche su altri e li affascina. Così nascono, preziosa e fugace schiuma di felicità sopra il mare della sofferenza, tutte le opere d’arte nelle quali un uomo che soffre s’innalza per un momento tanto al di sopra del proprio destino che la sua felicità brilla come un astro e appare a chi la vede come una cosa eterna, come il suo proprio sogno di felicità. Tutti questi uomini, qualunque siano le loro gesta e le loro opere, non hanno veramente alcuna vita, vale a dire la loro vita non è un’esistenza, non ha una forma, essi non sono eroi o artisti o pensatori come altri possono essere calzolai, giudici, medici o maestri, ma la loro vita è un moto eterno, una mareggiata penosa, è disgraziatamente e dolorosamente straziata, paurosa e insensata, quando non si voglia trovarne il significato proprio in quei rari avvenimenti e fatti, pensieri e opere che balzano luminosi sopra il caos di una simile vita. Tra gli uomini di questa specie è nato il pensiero pericoloso e terribile che forse tutta la vita umana è un grave errore, un aborto della Madre primigenia, un tentativo della Natura orribilmente fallito. Tra loro però, è nato anche quell’altro pensiero, che cioè l’uomo non è forse soltanto un animale relativamente ragionevole ma un figlio degli dei destinato all’immortalità. "

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Il lupo della steppa trotta solo

solo, nel mondo ormai di neve bianco...

Dalla betulla scende un corvo stanco,

ma non vedo una lepre, un capriolo!

oh come voglio bene ai caprioli!

Poterne trovar uno, oh bella cosa!

Vi affonderei la bocca mia bramosa:

non v'è nulla che tanto mi consoli.

E con amor, con affezion sincera,

delle tenere carni farei strazio,

finché di sangue veramente sazio

a urlare andrei dentro la notte nera.

Anche una lepre basterebbe, via!

Dolce ha la carne pel mio gusto bruto...

Possibile che tutto abbia perduto

quel che abbelliva un dì la vita mia?

È grigio ormai della mia coda il pelo,

e già la vista mi s'annebbia e oscura,

sono anni che mia moglie è in sepoltura,

ed una lepre, un capriolo anelo.

Vado a caccia di lepri, trotto e sogno

all'invernale sibilo del vento,e ingozzo neve,

neve, finché ho spento la mia sete,

e do l'anima al demonio.

H. Hesse

AFORISMI


La realtà è solo una macchia sull'infinita pellicola del sogno.

Conduco un'esistenza sola divisa in tante realtà. Queste realtà non s'incotrano mai e spesso nemmeno io con loro.

Non chiedetemi di essere me stessa, non saprei da quale delle tante parti cominciare.

L'esistenza umana è appena una sillaba nel grande libro della memoria del mondo.


Non basterebbero mille contraddizioni a spiegare chi sono.

Solo gli stolti ricercano l'ordine. I geni dominano e si ritrovano nel Kaos.

Il mare è Donna pericolosa, seducente e misteriosa. Anche se in alcuni punti: limpida.

Il destino di ognuno di noi è fatto di qualche imprevisto e molte scelte.


I passi di ogni oggi tracciano i cammini di tutti i domani.

Ultimamente mentre vivevo un amore, ho sempre avuto l'impressione che l'Amore fosse altrove.

Non esistono cose che non si pensano dette solo per rabbia. Esistono cose che si pensano e non si direbbero mai se non si fosse arrabbiati.

Noi aspiriamo sempre a quello che non abbiamo. Sebbene quel niente sia lì ad aspirare noi.

Alcuni giudicano folli coloro che parlano da soli. Io dico che hanno soltanto imparato il linguaggio del vento.

SARA

venerdì 16 novembre 2007

TINA BLONDELL


MAURITIUS ESCHER














GIOVANNI BOLDINI ( Ferrara 31/12/1842 - 11/01/1931 )













AFORISMI

- Lasciamo le belle donne agli uomini senza fantasia. M. Proust
- Siamo tutti costretti, per rendere sopportabile la realtà, a coltivare in noi qualche piccola pazzia. M. Proust
- Si ama solo ciò che non si possiede del tutto. M. Proust
- I computer sono inutili, possono dare solo risposte. P. Picasso
- Se vuoi che la gente pensi bene di te, non parlare bene di te stesso. B. Pascal
- Chi sogna di giorno conosce molte cose che sfuggono a chi sogna solo di notte. E. A. Poe
- L'ottimista pensa che questo sia il migliore dei mondi possibili; il pessimista sa che è vero. O. Wilde
- Posso resistere a tutto, tranne che alle tentazioni. O. Wilde
- Il malcontento è il primo passo verso il progresso. O.Wilde
- Sogna come se dovessi vivere per sempre; vivi come se dovessi morire oggi. O.Wilde
- Solo le persone superficiali non giudicano dalle apparenze. O. Wilde
- Ogni uomo mente, ma dategli una maschera e sarà sincero. O.Wilde
- Amare sè stessi è l'inizio di un idillio che dura una vita. O.Wilde
- La vita è un sogno dal quale ci si sveglia morendo. V. Woolf
- Si vive una sola volta. E qualcuno neppure una. A. Woody
- Il vantaggio di essere intelligente è che si può sempre fare l'imbecille, mentre il contrario è del tutto impossibile. A. Woody
- Che cosa non mi piace della morte? Forse l'ora. A. Woody
- La dignità non consiste nel possedere onori, ma nella coscienza di meritarli. Aristotele
- Ciò che dobbiamo imparare a fare, lo impariamo facendo. Aristotele
- Se c'è soluzione, perché ti preoccupi? Se non c'è soluzione, perché ti preoccupi?
Aristotele
- L'arte non consiste nel rappresentare cose nuove, bensì nel rappresentarle con novità. U. Foscolo
- L'avvenire ci tormenta, il passato ci trattiene, il presente ci sfugge. U. Foscolo
- Scherzando si può dire di tutto, anche la verità. S. Freud
- L'umorismo è il più eminente meccanismo di difesa. S. Freud
- Non è sempre facile dire la verità, specialmente quando si deve essere brevi.
S. Feud
- L'immaginazione è più importante della conoscenza. A. Einstein
- La differenza tra un genio e uno stupido è che il genio ha dei limiti. A. Einstein
- Non penso mai al futuro, arriva così presto. A. Einstein
- Tutto è relativo. Prendi un ultracentenario che rompe uno specchio: sarà ben lieto di sapere che ha ancora sette anni di disgrazie. A. Einstein
- È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio. A. Einstein
- Se il diavolo non esiste, ma l'ha creato l'uomo, credo che egli l'abbia creato a propria immagine e somiglianza. F. Dostoevskij
- Il segreto dell'esistenza umana non sta soltanto nel vivere, ma anche nel sapere per che cosa si vive. F. Dostoevskij
- La pazienza è amara, ma il suo frutto è dolce. J. Rousseau
- Dio è l'invisibile evidente. V. Hugo

lunedì 12 novembre 2007

VERGOGNA

Non avevo intenzione di pubblicare nuovi post per un pò di tempo, ma visti gli ultimi accadimenti " calcistici" ho sentito il forte bisogno di esporre in breve il mio pensiero.
Tutto ciò che è accaduto va al di là della partita, della tifoseria etc etc… Chiudere gli stadi risolve solo una piccola parte del problema. In tal modo si impedisce unicamente ai tifosi di avere uno scopo e un luogo per riunirsi ( compattarsi ) ed esprimere la loro violenza, la loro forza, rendere lecita un'aggressività repressa. Non è un fenomeno che si è presentato solo all’interno degli stadi, ma è dilagato anche all’esterno come abbiamo notato. Le cause di questi episodi vanno ricercate nel perché i giovani ( e purtroppo non solo quelli, si trattasse sempre di adolescenti...!!) sentono la necessità di riunirsi in “branchi” - non gruppi di tifoserie calcistiche poiché la partita a questo punto “poco centra” - pronti ad insorgere ad ogni minima controversia.
Il calcio è diventato un pretesto per dare sfogo alla violenza e lo stadio ne è solo il palcoscenico, uno dei tanti, direi.
Non c’è da chiedersi chi ha ragione e chi ha torto, chi ha agito correttamente o meno, quanto possa contare la politica o il business. Questi sono fattori piuttosto marginali del problema, seppur esistenti e comunque influenti.
La vera domanda è: “perché la violenza come strumento di espressione/comunicazione?”.
Personalmente ciò che provo per coloro che fanno di uno sport uno scenario così orrendo, o addirittura una "fede" ( ma ci rendiamo conto di quanto si osanni un semplice gioco??? )da seguire contro tutto e tutti, è vera, incontenibile vergogna.

martedì 6 novembre 2007

...

QUESTO BLOG PER UN PO' SARA' INATTIVO.

STO PENSANDO DI APRIRE UN SITO ALTROVE.

UN SALUTO A TUTTI

SARA

lunedì 5 novembre 2007

DOMANI IMPARERO' IL VERSO DEL MARE



Non ho imparato mai il verso del mare,

neppure dal fondo di una conchiglia

naufragata su spiagge deserte,

ma dice abbia gli occhi di mia madre bambina,

quell’onda ribelle sfuggita all’oceano

quando il sole annega dietro una pozzanghera blu.

Mi dice: “Sembri donna in veste d’autunno,

in posa come sposa inginocchiata all’altare

che senza cura si lascia sfiorire d’amore”.

Chissà se ieri ha creduto non m’amassi più,

se di nascosto solleva i miei pensieri in corsa,

forse scivolati via da qualche zona d’ombra,

come scappassero da chi, cercassero poi cosa…

Ma domani, domani imparerò il verso del mare,

perché qualcun altro sappia di me davvero

…non solo il vento ansioso d’andare.

SARA