- Non fate rumore
E nuvola passa
E una nuvola passa,
insieme a me
qui, sola di te.
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Il lupo della steppa trotta solo
solo, nel mondo ormai di neve bianco...
Dalla betulla scende un corvo stanco,
ma non vedo una lepre, un capriolo!
oh come voglio bene ai caprioli!
Poterne trovar uno, oh bella cosa!
Vi affonderei la bocca mia bramosa:
non v'è nulla che tanto mi consoli.
E con amor, con affezion sincera,
delle tenere carni farei strazio,
finché di sangue veramente sazio
a urlare andrei dentro la notte nera.
Anche una lepre basterebbe, via!
Dolce ha la carne pel mio gusto bruto...
Possibile che tutto abbia perduto
quel che abbelliva un dì la vita mia?
È grigio ormai della mia coda il pelo,
e già la vista mi s'annebbia e oscura,
sono anni che mia moglie è in sepoltura,
ed una lepre, un capriolo anelo.
Vado a caccia di lepri, trotto e sogno
all'invernale sibilo del vento,e ingozzo neve,
neve, finché ho spento la mia sete,
e do l'anima al demonio.
Noi aspiriamo sempre a quello che non abbiamo. Sebbene quel niente sia lì ad aspirare noi.
Alcuni giudicano folli coloro che parlano da soli. Io dico che hanno soltanto imparato il linguaggio del vento.
SARA
Non ho imparato mai il verso del mare,
neppure dal fondo di una conchiglia
naufragata su spiagge deserte,
ma dice abbia gli occhi di mia madre bambina,
quell’onda ribelle sfuggita all’oceano
quando il sole annega dietro una pozzanghera blu.
Mi dice: “Sembri donna in veste d’autunno,
in posa come sposa inginocchiata all’altare
che senza cura si lascia sfiorire d’amore”.
Chissà se ieri ha creduto non m’amassi più,
se di nascosto solleva i miei pensieri in corsa,
forse scivolati via da qualche zona d’ombra,
come scappassero da chi, cercassero poi cosa…
Ma domani, domani imparerò il verso del mare,
perché qualcun altro sappia di me davvero
…non solo il vento ansioso d’andare.
SARA
SARA 2004
F. Pessoa
In qualche luogo i sogni diventeranno realtà.
C'è un lago solitario illuminato dalla luna
per me e per te come nessuno per noi soli.
Lì la scura bianca vela spiegata in un vago vento
non sentito guiderà la nostra vita-sonno
laddove le acque si fondono in un lido di neri alberi,
dove i boschi sconosciuti vanno incontro
al desiderio del lago di essere di più e rendono il sogno completo.
Là ci nasconderemo e svaniremo,
tutti vanamente al confine della luna,
sentendo che ciò di cui siamo fatti è stato qualche volta musicale.
( LICANTROPIA - F. Pessoa )
Emily Dickinson
E' una domenica di settembre del 1871. Comincia quel giorno il più crudele e il più feroce dei ménage, fatto di turpidini, estasi, ricatti, fughe, ritorni, minacce di suicidio, carezze date col coltello. E colpi di pistola: " Ci amiamo come tigri"spiegherà Verlaine.Il devastatore della quiete famigliare ha "la faccia di bambola" e uno sguardo azzurro e alto, di una purezza inquietante. I capelli sono incolti, arruffati, sporchissimi, le mani arrossate, i pantaloni color lavagna troppo corti per un adolescente cresciuto in fretta. Verlaine s'innamora all'istante di quel "volto perfettamente ovale di angelo in esilio" , scriverà, e di quelle "potenti labbra rosse con la loro smorfia malevola".
Rimbaud suscita eccitazione febbrile quando mette piede per la prima volta in un cenacolo della Rive Gauche: "Si è esibito un poeta terrificante, meno che diciottenne, di nome Arthur Rimbaud. Grandi mani, grandi piedi, una faccia veramente da bambino che starebbe bene a un tredicenne, profondi occhi azzurri, selvaggio più che timido". Uno dei poeti presenti lo definisce:" Gesù in mezzo ai dottori". Un altro:"il diavolo!". "A me venne in mente una descrizione migliore:Satana in mezzo ai dottori." annota stupefatto Valade. Ma satana in mezzo ai dottori per Verlaine è una splendida figura da adorare e fra i due la passione divampa immediata. Un tormento per il poeta sposato, una forma di martirio volontario, un' ascesi, una disciplina estetica per il poeta fanciullo che gli consentirà di scrivere i suoi capolavori mantenendo limpida la propria innocenza.
Il loro amore è percorso da brividi di sadismo. Rimbaud, man mano che passano i mesi, sembra compiacersi di fare del male a Verlaine, terrorizandolo ed esaltandolo insieme. A un tavolino del Cafè du Rat Mort lo colpisce alle mani con un coltello affilato facendolo sangiunare copiosamente davanti a tutti. Uno dei giochi erotici che praticano a casa è la lotta armata: si affrontano ognuno munito di coltello avvolto in un asciugamano e il loro abbraccio è una morsa che si scioglie tra graffi e tagli sanguinanti: "Ci amiamo come tigri", ripete orgoglioso Verlaine maculato di lividi e di escoriazioni. Vivono in completa simbiosi: in quel periodo le loro calligrafie sono identiche; se sovrapposte addirittura coincidono. Sembrano essere scritte dallo stesso pugno ferito.
Fra alti e bassi, abissi di disperazione e sempre più rari lampi d'estasi, la situazione precipita nel luglio 1873 a Bruxelles, con un Verlaine che minaccia di ammazzarsi. Ha comprato un revolver ed è in un albergo con Rimbaud e sua madre. Il giovane poeta è stanco del rapporto vittima-cernefice, di quel vagabondare, stanco dell'instabilità di quella relazione, vuole andarsene, vuole finirla lì. Con un gesto di sfida annuncia al compagno che nel pomeriggio intende tornare da solo a Parigi. " Provati a uscire e vedrai quel che succede, t'insegno io a voler partire", Verlaine tira fuori la rivoltella ed esplode tre colpi contro Rimbaud. Il primo gli penetra il polso gli altri due si conficcano nella parete. Vedendo il fanciullo ferito solo leggermente, Verlaine gli mette in mano la pistola implorando di ammazzarlo. Lo calmeranno, si calmeranno, ma qualche ora più tardi ricomincia la tragedia. Verlaine minaccia di nuovo di sparare a Rimbaud in mezzo alla strada. Ora "l'angelo in esilio" ha paura davvero e chiede aiuto a un poliziotto. La vicenda si concluderà con l'incarcerazione di Verlaine condannato a due anni e nove giorni di ospedale per Rimbaud.
Dichiarazione di Rimbaud al commissario di polizia: http://www.arthurrimbaud.it/docum.html
Genio sull'orlo del baratro, a vent'anni dice per sempre addio alla letteratura. Non gli interessa più. Dopo aver spinto la parola ai suoi limiti estremi, il più scandaloso dei poeti maledetti, lascia, abbandona, cambia mestiere. Incontra per l'ultima volta Verlaine, da poco uscito di prigione, due anni più tardi a Stoccarda. In quell'occasione gli consegna il manoscritto che poi diventerà le : Illuminazioni. Verlaine lo farà pubblicare undici anni dopo ma Rimbaud non lo verrà mai a sapere.
LA PREGHIERA DELLA SERA
Vivo seduto, come un angelo
fra le mani d'un barbiere,
impugnando una tazza di birra dalle grosse
scannellature, tesi il collo e l'ipogastro,
con una pipa Gambier tra i denti,
sotto i cieli gonfi d'impalpabili vele.
Come escrementi caldi d'un vecchio colombaio,
mille sogni fanno in me dolci ustioni:
e, tratto tratto, il mio cuore triste
è come un alburno insanguinato
dall'oro giallo e cupo delle scolature.
Poi, quando ho ringhiottito
i miei sogni con cura, mi volgo,
dopo aver bevuto trenta o quaranta tazze,
e mi raccolgo per dar sfogo all'acre bisogno.
Mite come il Signore del cedro e degli issopi,
io piscio verso i cieli bruni,
molto in alto e lontano,
col consenso dei grandi eliotropi.
A. Rimbaud
"POETI DALL'INFERNO" ( film 1995 ):
http://www.ire-land.it/totaleclipse/home.html