venerdì 28 ottobre 2011

UN'UNICA FASE REM ( Parte III )

"Whisky è un beagle. Il mio beagle...

Proseguì il suo stato REM, la Fenice. Colta da un tepore sotto le piume che era sentore di sangue, inquietudine e vita.
L’inverno fuggì affrettato dal quel secondo davanzale e tornarono parole. Non più immagini, visioni al passato, ma ancora pa-ro-le.
Che fosse la giovane donna, che fosse un inconscio illusionista, questo poco importava, perché ciò che apprese l’udito le accellerò i battiti a tamburo: TUM TUM TUMTUMTUM TUM TUM TUMTUMTUMTUMTUMTUMTUM … che quasi implodeva nel suo guscio di fuoco, ma non si destò. Si mantenne intatta e scossa in quell’unico stato REM, la Fenice.



… mio sempre, mio comunque, anche se ne soffro l’odore.
Ci incontrammo che aveva un mese appena. Minuscolo, stava in una mano.
“…sono gli unici due maschi rimasti della cucciolata” mi disse l’allevatore. Uno bello, bellissimo. Dal bianco dominante e un arancio raro, qua e là. L’altro più comune, tricolore, mascherina assente da peculiarità, nella norma. Se ne stavano entrambi a scodinzolare sorrisi in una gabbia enorme, minuscoli. Orecchie a pendolo, muso allegro, fagotti di pelo. Li potevi (ac)cogliere in una mano.
Presi il primo. Quello bello, bellissimo. Ma non ci fu complicità nello sguardo, alcunché che mi portasse a desiderarlo. Presi l’altro. Ci annusammo: lui la misura del collo, io l’ingenuo del suo odore. Mi allungò un bacio, poi tanti. “E’ Whisky!” esclamai.

Santo cielo, che disastro sei stato! La rivoluzione francese in un appartamento.
Stragi di divani, cuscini, mobili. E sedie, spugne, calzini, giustiziati a morsi.
“Che bello… che carino… che bel pelo… com’è simpatico… mamma guarda, un beagle…!” All’inizio, era tutto un complimento.
“Eh, ma lei sa cosa si è presa in casa? …Tanti auguri! …Buona fortuna …se ne accorgerà!” In seguito, avvertimenti. E d’altra parte, avevano ragione: mi serviva fortuna, sì, ma soprattutto tanta, tanta pazienza con te.
Sessanta giorni di vita che hanno (s)travolto la mia. Io troppo pigra, io libera, io “non-mi-farò-MAI-un-cane-!”. Io, che non lo so quanto e come si ama un figlio. Sono una figlia, so quanto si ama una madre, un padre, un fratello. E te.
So le domande che mi faccio: “cosa guarda ora? gioca sempre con i bastoni? divora radici di malva? da quale parte punta il fiuto? per aria? nella terra umida? sul palmo di una carezza? … mi pensa?”
So la risposta che mi do: mi manchi.
So puntualmente dove mi manchi. Perché qui ci sono luoghi tutti tuoi: accanto alla stufa, la sinistra del divano, la coperta rossa, la signoratartaruga di gomma. Lanciata, ripresa, riportata. Centinaia di volte, centinaia di “bravo!” e un premio.

Intatta e scossa la Fenice, ancora in uno stato REM, ma sempre più viva nel suo guscio di fuoco. Sempre un po’ più…

L’ho capito a fine estate, sai, che non ce l’avrei fatta a riportarti a casa.
E’ stato un attimo, un cedimento su un bordo piscina. Mi affannavo a recuperare energie, le mie forme sopra quaranta chili, per me, anche per noi. Ma è stato proprio un attimo, sai, e sono crollata di fatica, di caldo, e dolore.
Non l’ho detto mai, ma lì ti ho pianto. Sotto un riparo d’ombra, mia madre vicina, i tuffi, le risate, i giochi in piscina. Lì mi è stato chiaro che quella dichiarazione alla vita, avrebbe salvato me, forse, ma non te.
Credevo si sarebbe invecchiati insieme. Tu con i tuoi acciacchi, io con le mie rughe, forse un compagno, dei figli. E ci saresti stato ogni momento.
E sarei rimasta stretta, incollata al tuo caro-odore fino alla fine. Fino-alla-fine.

Mi dicono che stai bene. Che fai branco con altri cani, scodinzoli ai richiami dolci, per un boccone, un saluto, una tenerezza.
Mi dicono sia bello laggiù, tra prati di margherite in viole. Oro di girasoli e vento.
Io gli dico che, se di tanto in tanto, contrai profondo un bagliore negli occhi, ti assenti e corri in fretta l’orizzonte è perché mi senti, da qualche parte, come quando a sera sussurravo : “ti amo più di tutto il mondo, Whisky. Più di tutto il mondo.”

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