venerdì 24 agosto 2007

GENIALE FOLLIA

"Non esiste alcun ingegno se non mescolato alla pazzia"
Petrarca – Epistola metrica a Zoilo

Nel corso della storia, la follia ha avuto anche conseguenze positive. Si pensi, ad esempio, alla pazzia di Friedrich Nietzsche che grazie ad essa concepì idee straordinarie come quelle contenute nello Zarathustra o epigrammi di grande potenza espressiva negli aforismi ( "Di tutto quello che uno scrive, io amo solo quello scritto col sangue. Scrivi col sangue e vedrai che è spirito. Chi scrive col sangue non vuole essere letto, ma imparato a memoria" F.N.). Oppure si pensi ancora al grande Van Gogh, pittore olandese, che operò per dieci anni dipingendo meravigliosi capolavori quali "La Stanza da letto", "Campo di Grano con Volo di Corvi" e numerosi autoritratti, e dopo aver compiuto queste opere si sparò con un colpo di pistola alla tempia, morendo a soli trentasette anni. Forse pazzo non lo era, ma, come dirà lui, mirava a compartecipare lo spettatore delle sue sensazioni e del suo disagio interiore.“Gli artisti, i poeti, vivono una condizione di GENIO e FOLLIA che spesso coincidono” ( Diderot).

"Perché tutti gli uomini eccezionali, nell’attività filosofica e politica, artistica e letteraria, hanno un temperamento melanconico, alcuni a tal punto da essere perfino affetti dagli stati patologici che ne derivano?" ( Problemata XXX di Aristotele ).
Il termine : “melanconia” deriva dal latino melancholia che a sua volta trae origine dal greco: mélas che significa nero e cholé che significa bile, quindi: "bile nera". La melanconia è un "umore nero", intesa come un dolce oblio, una leggera venatura di tristezza che pervadeva il carattere, rendendolo profondo ed orientato alla pace ad all'introspezione. E’ ritenuto da molti pensatori che tale stato d’animo favorisca l’essere originali, in quanto permetterebbe l’accesso agli stati meditativi. Numerosi studi sulla creatività sottolineano l’importanza dell’esperienza della malattia mentale per lo sviluppo di quelle attitudini immaginative e d’introspezione che sono alla base della produzione creativa.



“Amo tutto ciò che è statotutto ciò che non è più,e con le spalle sempre


rivolte al domani m’arresto in questo nulla che reclama d’andare presso le stazioni del Destino.


Sono come un clochardai margini della notte che sorseggia gli ultimi ricordidal fondo d’una bottiglia e soffro d’un male che non ha curase non nei sogni dal nome malinconia”.



Da sempre l'uomo è stato inserito in un complesso sistema di relazioni sociali, in cui ognuno trova una sua precisa collocazione. Ma questa condizione “obbligata” porta inevitabilmente all’uniformità, a dei "modus vivendi stabiliti”. Da ciò deriva negli adulti una perdita di originalità, di fantasia, di capacità di creare, tutte facoltà che invece il bambino possiede, perché il suo pensiero è indipendente, non soggetto a influenze e pressioni esterne. Il suo comportamento è spontaneo, naturale: si stupisce di fronte alle piccole cose di ogni giorno, esplora, si pone numerosi interrogativi, su tutto ciò che lo circonda. Sono proprio l’originalità, la creatività, l’eccentricità rispetto alla tradizione che caratterizzano quelle personalità che chiamiamo geni/artisti. Personalità cioè che sembrano associarsi ad un più alto rischio di sofferenza psichica, sofferenza che a volte può arrivare all’evoluzione più drammatica: la morte per suicidio ( questo rischio di mortalità, risulta distribuito in maniera ineguale a seconda dell’attività creativa, ci sarebbe un rischio maggiore fra: poeti e letterati rispetto a pittori e scultori, e ancor più basso sarebbe fra gli architetti).
L'artista presenta perciò le stesse caratteristiche del bambino. Non si ferma all'apparenza del mondo, non ha vincoli sociali da rispettare e si ribella. Pensiamo a Baudelaire, tra i più autorevoli esponenti del simbolismo francese, che con opere quali: "I Fiori del male", denuncia l'ipocrisia della società in cui viveva scandalizzando per le sue idee liberali molti esponenti della Francia per bene dell'epoca: “Accendi la pupilla alla fiamma dei candelabri e accendi la brama nello sguardo della gente più rozza. Tutto di te mi dà un piacere morboso e irrequieto; sii ciò che tu vuoi, notte nera come rossa aurora. Non ho una sola fibra del mio corpo tremante che non gridi: O diletto Belzebù, io ti adoro!”( L’Indemoniato ) ; “ Ho chiesto alla veloce lama di farmi riconquistare la libertà, ho detto al perfido veleno di venire in soccorso della mia vigliaccheria. Ahimè, che il veleno e la lama m'hanno disdegnato, e m'hanno detto: "Tu non sei degno di venir sottratto alla tua maledetta schiavitù, imbecille! Se i nostri sforzi ti liberassero, i tuoi baci risusciterebbero il cadavere del tuo vampiro." ( Il Vampiro).Gauguin, pittore contemporaneo di Van Gogh, che sceglie di rifugiarsi in Polinesia e qui, in questo mondo ancora "selvaggio" troverà l'ambiente necessario per dare espressione alla sua arte. Alla morte dell'artista, le sue opere ritenute troppo scandalose per le nudità e le pose dei soggetti ritratti, vennero bruciate per ordine del vescovo del luogo. Per la follia collettiva dei totalitarismi europei del 900, infatti, un numero impressionante di testi furono bruciati e i loro autori contrari all'ideologia del regime, uccisi o deportati in campi di sterminio e nei gulag sovietici.Il poeta tedesco Heinrich Heine, per descrivere l'assurdità e la ferocia della "nuova inquisizione”, aveva affermato: «Dove si bruciano i libri, un giorno si bruceranno anche gli uomini». Sono questi solo alcuni esempi per dimostrare come la pazzia abbia due volti, uno che porta alla più bieca distruzione, l'altro alle migliori creazioni e scoperte del genio umano.
Un disagio psichico, quindi, può essere occasione di giungere a contatto, pur nella sofferenza, con aspetti del proprio Sé che altrimenti resterebbero ignoti, come sono in effetti sconosciuti alla maggior parte delle persone ritenute "sane". Potrà forse “confortare” chi soffre di problemi mentali scoprire che molte patologie, quali depressione maniacale, asocialità, ossessioni, anoressia, hanno attanagliato molti geni quali: Rilke, Kafka, Goethe, Proust, Rousseau, Schumann, Pavese, Virginia Woolf . L'arte in questi casi, si fa dunque, terapia e espressione di una genialità spesso tormentata o malata.Già Otto Rank ( allievo prediletto e poi ripudiato di Sigmund Freud ) riteneva che la creazione artistica traesse spunto dai conflitti irrisolti dell’inconscio, che trovavano soluzione formale in una forma sublimata: l’oggetto artistico. Sappiamo bene che la malattia mentale compromette non solo l’adattamento socio-relazionale, ma anche la capacità stessa di comunicazione tra mondo interno e realtà esterna. L’evento creativo in una certa misura, ripristina la capacità d’interagire con l’esterno, in quanto attinge alla dimensione simbolica dei vissuti interni. Ed è proprio questa felice unione fra il magma polivalente dei simboli e i limiti imposti dalla tecnica che permette il ripristino del potenziale di comunicazione che la malattia mentale ha interrotto ( ad esempio l’associazione simbolica del delirio può trovare senso e ordine nell’immagine visionaria espressa dalla parola poetica ).
Si può dunque dedurre, alla luce di quanto riportato, che l’espressione artistica ( intesa in ogni sua singola forma ) non è che “l’aspetto sano” o l’espressione più felice di quello che è il volto oscuro, in alcuni casi, della follia?



“Questo il senso del mio esistere a mezz’aria riconosciuto e deriso,



come una sana follia che mi distingue dalle masse,



un divenire indefinito rivestito da ogni fibra autentica di me che esprimo.”


Sara

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