lunedì 19 novembre 2007

IL LUPO DELLA STEPPA ( H. HESSE)

"SOLO PER PAZZI"

SCHIZOFRENIA, DOLOROSA GENIALITA’:
[...]" E quando in certe anime particolarmente intelligenti e delicatamente organizzate balena l'intuizione della loro molteplicità, quando, come fa ogni genio, esse infrangono l'illusione dell'unità personale e sentono di essere pluriformi, di essere un fascio di molti IO, basta che lo dicano e tosto la maggioranza le imprigiona, ricorre all'aiuto della scienza, fa constatare la loro schizofrenia, e protegge l'umanità perchè non debba ascoltare dalle labbra di questi infelici un richiamo alla verità. Ma che bisogno c'è di sprecar parole, di dire cose che chiunque pensi trova naturali, che però non sta bene manifestare?
Quando dunque un uomo arriva già a sdoppiare la pretesa unità dell'io è già quasi un genio, in ogni caso però un'eccezione rara e interessante."
[...] "Egli crede, come Faust di Goethe, che due anime siano troppe per un solo petto e pensa che lo debbano dilaniare. Sono invece troppo poche e Harry fa violenza alla sua povera anima quando cerca di comprenderla in un'immagine così primitiva. Benchè sia persona così colta, Harry si comporta come un selvaggio che non sappia contare più in là di due. Una parte di sè la chiama uomo, l'altra parte lupo, e con ciò crede di aver finito e di aver esaurito il suo compito. Nell'"uomo" egli caccia tutto quello che ha in sè di spirituale, di sublimato o per lo meno di culturale, e nel "lupo" tutto ciò che ha di istintivo, di selvatico e di caotico. Ma la vita non è semplice come il nostro pensiero, grossolana come il nostro povero linguaggio di idioti, e Harry mente due volte a stesso quando usa questo metodo lupino da negri. Il petto, un corpo è infatti sempre uno, le anime che vi albergano non sono due o cinque, ma infinite; l'uomo è una cipolla formata di cento bucce, un tessuto di cento fili".
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«Come ogni forza può (in certe circostanze deve) diventare una debolezza, così viceversa il suicida tipico può fare della sua debolezza apparente molte volte una forza e un sostegno, anzi lo fa molto spesso. Uno di questi casi era quello di Harry, il lupo della della steppa. Come migliaia di suoi pari egli faceva dell'idea che la via della morte gli era sempre aperta davanti a sé non solo un giuoco di fantasia giovanile e malinconico, ma precisamente un conforto e un appoggio. È vero che, come in tutti gli uomini di questo genere, ogni commozione, ogni dolore, ogni penosa situazione della vita suscitava in lui il desiderio di sottrarvisi con la morte. Ma a poco a poco questa inclinazione gli si tramutò in filosofia favorevole alla vita. L'assiduo pensiero che quell'uscita di soccorso era continuamente aperta gli dava forza, lo rendeva curioso di assaporare dolori e malanni, e quando stava proprio male gli capitava di pensare con gioia rabbiosa, come si trattasse di un male altrui: "Sono curioso di vedere fin dove arriva la sopportazione umana! Una volta raggiunto il limite del tollerabile mi basta aprire la porta e sono salvo".»

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"… Il lupo della steppa aveva quindi due nature, una umana e una da lupo: era questo il suo destino e può darsi che non fosse poi così strano e inconsueto. Si vedevano in giro molte persone che in sè avevano molto del cane o della volpe, del pesce o del serpente, e non per questo incontravano gravi difficoltà. In queste persone l’uomo conviveva con la volpe, con il pesce, e nessuno dei due faceva male all’altro, anzi si aiutavano. Invece per Harry era diverso, in lui l’uomo ed il lupo non convivevano fianco a fianco ne tantomeno si aiutavano: si odiavano a morte continuamente, l’uno viveva per far del male all’altro, e quando due vivono come nemici mortali in un corpo e in un’anima, la vita è difficile.
Esistono non pochi uomini simili a Harry; specialmente molti artisti appartengono a questa categoria. Costoro hanno in sé due anime, due nature, hanno un lato divino e uno diabolico, il sangue materno e il sangue paterno, e le loro capacità di godere e di soffrire sono così intrecciate, così ostili e confuse tra loro come in Harry il lupo e l’uomo. E questi uomini la cui vita è molto irrequieta hanno talvolta nei rari momenti di felicità sentimenti così profondi e indicibilmente belli, la schiuma momentanea della bellezza spruzza così alta e abbagliante sopra il mare del loro dolore, che quel breve baleno di felicità s’irradia anche su altri e li affascina. Così nascono, preziosa e fugace schiuma di felicità sopra il mare della sofferenza, tutte le opere d’arte nelle quali un uomo che soffre s’innalza per un momento tanto al di sopra del proprio destino che la sua felicità brilla come un astro e appare a chi la vede come una cosa eterna, come il suo proprio sogno di felicità. Tutti questi uomini, qualunque siano le loro gesta e le loro opere, non hanno veramente alcuna vita, vale a dire la loro vita non è un’esistenza, non ha una forma, essi non sono eroi o artisti o pensatori come altri possono essere calzolai, giudici, medici o maestri, ma la loro vita è un moto eterno, una mareggiata penosa, è disgraziatamente e dolorosamente straziata, paurosa e insensata, quando non si voglia trovarne il significato proprio in quei rari avvenimenti e fatti, pensieri e opere che balzano luminosi sopra il caos di una simile vita. Tra gli uomini di questa specie è nato il pensiero pericoloso e terribile che forse tutta la vita umana è un grave errore, un aborto della Madre primigenia, un tentativo della Natura orribilmente fallito. Tra loro però, è nato anche quell’altro pensiero, che cioè l’uomo non è forse soltanto un animale relativamente ragionevole ma un figlio degli dei destinato all’immortalità. "

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Il lupo della steppa trotta solo

solo, nel mondo ormai di neve bianco...

Dalla betulla scende un corvo stanco,

ma non vedo una lepre, un capriolo!

oh come voglio bene ai caprioli!

Poterne trovar uno, oh bella cosa!

Vi affonderei la bocca mia bramosa:

non v'è nulla che tanto mi consoli.

E con amor, con affezion sincera,

delle tenere carni farei strazio,

finché di sangue veramente sazio

a urlare andrei dentro la notte nera.

Anche una lepre basterebbe, via!

Dolce ha la carne pel mio gusto bruto...

Possibile che tutto abbia perduto

quel che abbelliva un dì la vita mia?

È grigio ormai della mia coda il pelo,

e già la vista mi s'annebbia e oscura,

sono anni che mia moglie è in sepoltura,

ed una lepre, un capriolo anelo.

Vado a caccia di lepri, trotto e sogno

all'invernale sibilo del vento,e ingozzo neve,

neve, finché ho spento la mia sete,

e do l'anima al demonio.

H. Hesse

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